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sabato 20 dicembre 2008

CONTRIBUTO VERDI PADERNO DUGNANO PER L’ASSEMBLEA NAZIONALE DI LUGLIO 2008

DOCUMENTO DI CONTRIBUTO VERDI PADERNO DUGNANO PER L’ASSEMBLEA NAZIONALE DI LUGLIO 2008

La domanda di fondo è una: i Verdi servono ancora? O meglio: stante la società attuale, è utile la presenza di un soggetto politico come quello Verde? La risposta per noi è semplice: sì, ora più che mai c’è bisogno dei Verdi.
Difficile è invece dare un’altra risposta: quale l’azione dei Verdi in questa situazione di difficoltà?
Un percorso è già stato individuato, dare una valutazione in merito ad una scelta che già è stata operata, non avrebbe senso.
Vogliamo invece avanzare alcune considerazioni che possono essere utili in questa fase di elaborazione politica e progettuale cui siamo chiamati.
Noi riteniamo che i Verdi debbano ritornare sul territorio, fare un “bagno d’umiltà”, rapportarsi in maniera significativa con la gente e con le associazioni.
La dimensione locale è l’unico luogo oggi certo d’azione politica che può garantire la possibilità d’incidere e di dare senso all’operato dei Verdi; una dimensione nella quale è possibile condividere tra gli attivisti fiducia e prospettive, dove è possibile riscontrare capacità d’azione e coerenza reciproca; una dimensione nella quale il fatto di conoscere a fondo gli altri interlocutori politici, consente di fare prefigurazioni, anticipare le possibili dinamiche, definire alleanze.
Fuori dall’arena parlamentare esistono due tipi di strumenti a disposizione: quelli istituzionali - la rappresentanza nelle circoscrizioni, nei consigli, comunale, provinciale e regionale, ed all’interno delle giunte - e quelli che il patrimonio di relazioni tessute e le opportunità presenti nei territori offrono.
L’azione locale ha la possibilità, se azione capace di senso e corale, di orientare il globale , e per questo anche il raccordo politico su più livelli è di fondamentale importanza.
Agire localmente è il punto da cui partire, ma non ci si deve fermare lì.
Esiste anche il bisogno di riconoscersi in un soggetto politico nazionale, dove però si possa trovare coerenza tra ciò che ognuno di noi è e chi ci rappresenta. Non ci possono essere compromessi.
Deve anche esserci, rispetto al passato, meno tecnicismo e più elaborazioni politica.
Valutiamo l’atteggiamento assunto dalla nostra dirigenza subito dopo il risultato elettorale incosciente rispetto alla propria responsabilità; esecutivo e presidente avrebbero da subito dovuto dare le proprie dimissioni. Non possiamo che sospettare in ciò, il tentativo di riproposizione del vecchio organigramma.
Si vuole cambiare lo statuto, ma non si dice perchè e come. Regole verso un maggiore accentramento o regole per il decentramento democratico?
I Verdi non sono mai riusciti ad attuare il federalismo che intendevano; non si e’ stati in grado di attuare la “rete” auspicata. Il gruppo dirigente in questi anni ha fatto in modo che ciò non fosse praticabile, indebolendo i livelli locali ed attuando politiche di forte accentramento.
Voltare pagina può solo voler dire uscire da queste logiche, dare spazio ai processi di bottom-up auspicati e praticare coerentemente il federalismo.
La gestione del partito deve a nostro parere essere su base regionale, organizzata sul principio della sussidiarietà, e rendere così effettivo il federalismo Verde. Le regole, così come sono state gestite sul livello nazionale, sino ad ora sono solo servite a mantenere il potere centrale.
Bisogna, quindi, rafforzare il livello locale, favorire la nascita di gruppi e associazioni, rivedendo per esempio la regola del “riconoscimento” e definire che, ovunque potenzialmente i Verdi possano essere presenti,sempre nel rispetto dei principi ispiratori, ci debba essere titolarità del simbolo e inclusione
democratica e partecipativa alla vita del partito, - anche solo a partire da un gruppo ristretto di persone che sentono di aderire alla nostra proposta politica e farsene promotore -.
Fissare un tetto d’iscritti per il riconoscimento, si è potuto verificare in questi anni che non tutela. Quindi non serve.
Siamo per togliere le condizioni al riconoscimento delle Federazioni provinciali e regionali; solo sul livello locale vanno a nostro parere mantenuti dei vincoli, anche se più equi e meno onerosi. Ovunque i Verdi siano presenti, devono essere visibili e partecipare alla vita del partito su tutti i livelli.
Vanno riviste sicuramente le incongruenze proporzionali contenute nello Statuto - rapporto numero abitanti e numero tesserati sui diversi livelli – ed esplicitate in maniera chiara all’interno dello Statuto le modalità ed i tempi secondo cui le Federazioni Regionali debbano organizzare annualmente il tesseramento, e non
delegare più tale opzione all’Esecutivo ed al Consiglio Federale Nazionale.
Ogni modifica di questi aspetti dovrebbe secondo noi passare per una modifica statutaria. La linea politica e la gestione del simbolo devono invece riguardare il livello nazionale.
Eleggere subito un nuovo presidente non appena varate nuove regole, cioè contestualmente o subito dopo l’Assemblea nazionale, sarebbe scorretto e pericoloso.
Riteniamo che l’appuntamento di luglio debba dare il via ad un percorso che si concluda con il Congresso Nazionale - e l’elezione di un nuovo presidente - da realizzarsi entro non oltre la fine dell’anno.
Il confronto politico interno avrà sicuramente bisogno di tempo: non vogliamo un dibattito condizionato dalle contingenze, ma neanche arrivare impreparati e senza una linea politica definita alle scadenze elettorali del 2009.
Mentre accade di tutto, i Verdi sono impegnati a rifare le regole, invece di partecipare al dibattito politico – nucleare in primis, emergenza rifiuti... restrizione delle libertà… militarizzazioni... tutela dei più deboli -.
Questo ci sembra assurdo e pericoloso.
Abbiamo da tempo assistito, ad una burocratizzazione e ad un eccesso di tecnicismo che, di fatto, hanno paralizzato l’azione politica dei Verdi. Non possiamo permetterci di perdere altro tempo.
Abbiamo bisogno di darci prospettive, per noi e per la gente che ci segue.
La modalità “una tessera, un voto” deve rimanere valida solo sino al livello provinciale. Ai livelli successivi la scelta deve essere quella di procedere per delegati, che risulta essere la più equa e trasparente.
Va rivista la norma che il numero dei delegati sia stabilito in base al “peso” elettorale e d’iscritti delle diverse province e regioni, questo non perché non sia cosa giusta, quanto perché può riproporre il sistema oligocentrico che ha guidato i Verdi almeno dal 1998.
Nello statuto deve essere altresì inserita la norma del limite dei mandati, a qualsiasi livello, sia di partito che istituzionale, senza deroghe e senza la possibilità del cumulo di cariche, perché non è presidiando le posizione di potere che si fanno crescere i Verdi.
Cosa vuol dire per noi essere Verdi ed essere un partito.
Oggi i Verdi sembrano tutti concentrati sulla questione “partito”. In fondo i Verdi non hanno mai voluto essere davvero un partito.
Il tentativo di costruire un soggetto partito-non partito, capace di tenere insieme diverse tensioni e movimenti, attraverso una strutturazione lasca che consentisse a tutti di “stare dentro”, non ha che prodotto irrigidimenti e argini laddove non avrebbero dovuto essercene e nei fatti la realizzazione non tanto di una
“casa verde”, auspicata quando alla guida c’era Manconi, quanto “un insieme estremamente eterogeneo”.
Quando si è “un insieme estremamente eterogeneo”, il problema è essere riconoscibili.
Essere eletto significava in tutto e per tutto “essere portavoce”, chi metteva la faccia e la parola, non solo le sue, e quindi essere il partito. Quando non ci sono contenuti espliciti e chiari, è il personalismo che viene avanti. Non dobbiamo colpevolizzare gli altri del nostro insuccesso. Tre le questioni importanti:
1. nel 2006 non abbiamo capito come combattere il presidenzialismo – il riferimento e’ alla composizione delle liste;
2. in questi due anni di governo abbiamo dato ‘impressione di non essere una “forza di governo”, ed il risultato elettorale ne è la conferma. da tempo il simbolo dei Verdi non ha rappresentato se stesso, ma si è presentato associato a quello di altri:
nell’Ulivo, con lo Sdi e con i Pdci... Infine scomparso nella Sinistra Arcobaleno…
E’ necessaria una distinzione: un conto sono le alleanze politico-programmatiche, altra cosa è pensare ad un unico soggetto: i Verdi devono fare i Verdi; né nel Pd, né nella Sinistra. I Verdi devono fare i Verdi e lo possono fare anche all’interno di alleanze, su un programma condivisibile, altrimenti la scelta è l’opposizione, anche se stare all’opposizione vuol dire avere risultati sicuramente differenti
Nel fare delle alleanze si deve meglio valutare il livello di dinamismo, condizione fondamentale per un partito Verde, di coloro con i quali ci si allea; non è opportuna un’alleanza, al di là della presenza di valori condivisi, con forze politiche monolitiche, incapaci di parlare di futuro e di dialogare con il presente, ferme ad analisi e prospettive totalmente oggi scollate dalla realtà.
Noi Verdi siamo, dobbiamo essere, una forza dinamica. Oggi non siamo nulla, ma dopo questo nulla, per noi non c’è un PUNTO
I Verdi hanno sempre avuto bisogno di vedersi assegnata una “collocazione politica”, non se la sono mai data. Anche se forse davvero il nostro elettorato “non è” solo di “sinistra”, la nostra collocazione è a sinistra, per i valori etici ed il modello economico e sociale in cui crediamo, nettamente in contrasto con il neoliberismo.
Esiste in ogni caso uno scarto di cui dobbiamo necessariamente tenere conto e che ci fa ribadire l’importanza del ruolo di un soggetto politico Verde nell’arena politica, lo scarto tra il modello economico e sociale proposto da molte delle altre forze politiche di centro - sinistra e sinistra, e quello proposto dai Verdi,
uno scarto che si gioca tutto nel peso dato al tema della crescita, del pil, dello sviluppo, e nella scelta di come mandare avanti la macchina produttiva (e consumistica) e attraverso quali fonti energetiche alimentarla.
Il motto: “Né a destra, né a sinistra ma oltre”, e’ stato sicuramente manipolato ed utilizzato da più parti all’interno dei Verdi, a motivazione di qualsiasi scelta, anche incoerente con l’etica ecologista della politica, snaturandone il senso che crediamo volesse avere, e cioè quello di pensarsi come un soggetto politico capace
di andare oltre gli schieramenti, oltre il collocarsi tipico della partitocrazia “con o contro”, a prescindere dai contenuti e dalle modalità di raggiungimento degli obiettivi; obiettivi che, seppur condivisi in un’alleanza programmatica, possono essere perseguiti secondo logiche eticamente ed ideologicamente non condivisibili,
per esempio come nel caso della questione della giustizia sociale e del problema della casa: la facilità con cui sempre a destra, e con grandi tentazioni a sinistra, si guardi a soluzioni che comportano il consumo del territorio, non può riguardare i Verdi. Oltre quindi come azione di cambiamento culturale radicale, che ha come interlocutori, sia in senso oppositivo che positivo, tutti i cittadini e tutte le forze politiche che li rappresentano, di là della loro collocazione politica. Oggi questo “oltre” deve essere rappresentato dai Verdi. Ciò che temiamo è una
“diaspora” che, stante la condizione attuale dell’assetto politico italiano, difficilmente potrà rappresentare la soluzione vincente (da un 2%, che non è più, all’auspicato 4 o 5%).
Presidiare, esserci il più possibile, osservare, comprendere, scegliere e agire partecipazione.
Non è più pensabile una gestione del partito qual è stata sino ad ora.
Alle dinamiche inquinate ed alle pressioni di corrente o area bisogna dire basta, e fare del confronto e del dibattito su diverse posizioni, un’opportunità per trovare, tra tutte le risposte possibili, la soluzione migliore, mediando tutti dalle proprie posizioni e cercando sempre un punto di equilibrio.
Bisogna creare una presenza politica capace di partire dai problemi, capace di metterli in discussione nel proporre soluzioni concrete, utili e sostenibili.
Dobbiamo essere una forza capace di condizionare il dibattito politico, sia dall’opposizione che al governo.
Occuparsi di tutto vorrebbe dire non occuparsi di niente. Occuparsi di ambiente è invece la priorità.
Ambientalismo ed ecologismo come chiavi che propone un diverso paradigma economico e sociale, la sola strategia che crediamo vincente per agire giustizia sociale e solidarietà, valori che, lo ribadiamo, sicuramente stanno a sinistra.
Nell’ultimo periodo l’unica campagna nazionale per l’ambiente è stato solo il Patto per il clima; una campagna risoltasi nel “lancio”, che non ha avuto seguito né radicamento nel territorio.
Pensiamo si debba ripartire da qui, proponendo alle altre forze politiche ed alla società civile un patto per il
clima non solo nazionale ma soprattutto locale, strumento attraverso il quale si devono riscrivere le alleanze programmatiche in previsione delle prossime elezioni amministrative del 2009.
Si deve cioè ripartire dall’identità ecologista, aprendosi alle associazioni, ai gruppi, a chi crede in certi valori, operando non per slogan ma attraverso azioni concrete, precise, ordinate. A livello locale, e non solo, sappiamo che c’è bisogno dei Verdi perché il Centro Sinistra possa vincere. L’attacco all’ambiente è ormai serrato da più parti. Non possiamo perdere altro tempo.

Paderno Dugnano, li 3 giugno 2008
Associazione dei Verdi Rossella Tavecchio di Paderno Dugnano

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"Tutte le promesse di benessere e tutte le sicurezze date in epoca moderna dalle istituzioni statali nazionali, dai politici e dagli esperti di scienze e tecniche, sono state distrutte. E non c'è più in giro un'istanza che tolga all'uomo le sue nuove paure. Ecco allora che la crisi ecologica ci fa intravedere qualcosa come un senso all'orizzonte, persino la necessità di una politica globale ed ecologica nel nostro agire quotidiano". U. Beck