Di seguito la lettera che Damiano di Simine, Legambiente, e Paola Brambilla, WWF, hanno inviato ai Commissari Formigoni e Pisapia.
Apriamo una riflessione e difendiamo il territorio.
Illustrissimi Commissari,
con questa lettera aperta vogliamo rendervi partecipi della nostra delusione circa il punto a cui è giunto il percorso di avvicinamento ad Expo 2015: ci riferiamo ai progetti che abbiamo potuto esaminare per la piastra espositiva e le opere connesse.
Due sono gli aspetti che ci preoccupano maggiormente.
Il primo è relativo alle indebite 'scorciatoie' adottate nella valutazione ambientale: già la VAS, valutazione ambientale strategica, è stata condotta in modo rassegnato, senza che scenari alternativi venissero realmente contemplati dalla procedura. Nello studio sottoposto a VIA, valutazione di impatto ambientale attualmente in istruttoria, è presente una vistosa inottemperanza delle norme comunitarie, che impongono giustamente che la valutazione riguardi gli impatti complessivi delle opere, permettendo un confronto tra più ipotesi alternative.
Si è invece scelto di stralciare dalla valutazione uno degli interventi più devastanti, ovvero la deviazione e la parziale copertura del torrente Guisa, che attualmente attraversa l'area espositiva, rinunciando alla naturalità di un corso d’acqua per farne un mero canale di scarico.
Non stiamo parlando di dettagli, ma di indebite scelte, che espongono il nostro Paese al grave rischio che vengano attivate procedure d'infrazione per mancato rispetto di norme ambientali: vale davvero la pena di correre un simile rischio, pur di nascondere sotto il tappeto gli aspetti più critici del progetto? Non è bastata alla Lombardia l'umiliazione di vedersi condannata dalla UE per le stesse ragioni in occasione di un altro grande evento, i Mondiali di Sci del 2005? Vedremo nascere una nuova generazione di ecomostri, come sette anni fa in Valtellina? E' davvero avvilente, non ce ne vogliate, assistere al ripetersi di sottovalutazioni e imperizie che hanno già valso una pessima figura per la Lombardia sul palcoscenico globale. Di più, di fronte alla paventata minaccia di interessi della criminalità organizzata nell'affare Expo, credete voi veramente che il modo migliore per prevenire intrusioni mafiose sia quello di dimostrare assenza di rigore fin dalle procedure valutative poste dall'Europa a presidio del bene comune?Non possiamo poi fare a meno di confrontare gli attuali progetti con le promesse con cui nacque e si rafforzò la candidatura milanese quale sede dell'Expo.
Quando fu annunciata la volontà di candidare Milano, si prospettò un evento a 'impatto zero': niente traffico, grazie agli investimenti sul trasporto collettivo, elevati standard di efficienza energetica e di produzione da fonti rinnovabili, grandi interventi di compensazione paesaggistica e forestale, una eredità positiva alla città, che a evento concluso avrebbe avuto nuovi spazi verdi. Fu anche annunciata l'istituzione di una consulta ambientale, formata da esperti e rappresentanti di università e associazioni incaricati di seguire passo passo lo sviluppo del progetto.
A 40 mesi di distanza, nulla di ciò è stato fatto. Anzi. Il progetto espositivo si è impoverito fino a diventare una gigantesca piastra lastricata tempestata di padiglioni: una grande fiera campionaria e nulla più. Per realizzarla si scaverà tantissimo e si riporterà nuova terra, per la gioia delle imprese che operano nel settore del movimento terra. E che dire delle infrastrutture di trasporto pubblico e delle compensazioni ambientali e forestali, che avrebbero dovuto realizzare la tanto sognata rete ecologica regionale che i parcheggi di Expo vorrebbero invece cancellare?
Ancora: cosa resterà a Milano dopo l'evento?
Stando all'accordo di programma sottoscritto un anno fa, l'area Expo potrebbe accogliere oltre due milioni di metri cubi di nuove edificazioni: una quantità di cemento tale da non lasciare nemmeno lo spazio verde necessario ai bisognini dei cani. Eppure con i referendum civici i milanesi, in larghissima maggioranza, hanno detto forte e chiaro che proprio lì c'è bisogno di un parco. Ed hanno ragione: tra i nuovi volumi del dopo Expo, quelli di Stephenson, Cascina Merlata e Città della Salute, in quel quadrante urbano la cosa che più servirà sarà un vero, grande parco urbano.
Molto, troppo tempo è passato infruttuosamente. Non è ancora troppo tardi per correggere la rotta: le associazioni ambientaliste si aspettano ancora molto.
E molto si può fare puntando su una maggior sobrietà, che sarebbe compresa da tutti visto il frangente economico, che dia spazio a reali alternative – pur nel rispetto dei noti vincoli del BIE – che riportino la sostenibilità dell'evento dal punto di vista dell’impatto sul territorio, anche decidendo un futuro dell'area maggiormente rispettoso della volontà espressa dai milanesi.
con questa lettera aperta vogliamo rendervi partecipi della nostra delusione circa il punto a cui è giunto il percorso di avvicinamento ad Expo 2015: ci riferiamo ai progetti che abbiamo potuto esaminare per la piastra espositiva e le opere connesse.
Due sono gli aspetti che ci preoccupano maggiormente.
Il primo è relativo alle indebite 'scorciatoie' adottate nella valutazione ambientale: già la VAS, valutazione ambientale strategica, è stata condotta in modo rassegnato, senza che scenari alternativi venissero realmente contemplati dalla procedura. Nello studio sottoposto a VIA, valutazione di impatto ambientale attualmente in istruttoria, è presente una vistosa inottemperanza delle norme comunitarie, che impongono giustamente che la valutazione riguardi gli impatti complessivi delle opere, permettendo un confronto tra più ipotesi alternative.
Si è invece scelto di stralciare dalla valutazione uno degli interventi più devastanti, ovvero la deviazione e la parziale copertura del torrente Guisa, che attualmente attraversa l'area espositiva, rinunciando alla naturalità di un corso d’acqua per farne un mero canale di scarico.
Non stiamo parlando di dettagli, ma di indebite scelte, che espongono il nostro Paese al grave rischio che vengano attivate procedure d'infrazione per mancato rispetto di norme ambientali: vale davvero la pena di correre un simile rischio, pur di nascondere sotto il tappeto gli aspetti più critici del progetto? Non è bastata alla Lombardia l'umiliazione di vedersi condannata dalla UE per le stesse ragioni in occasione di un altro grande evento, i Mondiali di Sci del 2005? Vedremo nascere una nuova generazione di ecomostri, come sette anni fa in Valtellina? E' davvero avvilente, non ce ne vogliate, assistere al ripetersi di sottovalutazioni e imperizie che hanno già valso una pessima figura per la Lombardia sul palcoscenico globale. Di più, di fronte alla paventata minaccia di interessi della criminalità organizzata nell'affare Expo, credete voi veramente che il modo migliore per prevenire intrusioni mafiose sia quello di dimostrare assenza di rigore fin dalle procedure valutative poste dall'Europa a presidio del bene comune?Non possiamo poi fare a meno di confrontare gli attuali progetti con le promesse con cui nacque e si rafforzò la candidatura milanese quale sede dell'Expo.
Quando fu annunciata la volontà di candidare Milano, si prospettò un evento a 'impatto zero': niente traffico, grazie agli investimenti sul trasporto collettivo, elevati standard di efficienza energetica e di produzione da fonti rinnovabili, grandi interventi di compensazione paesaggistica e forestale, una eredità positiva alla città, che a evento concluso avrebbe avuto nuovi spazi verdi. Fu anche annunciata l'istituzione di una consulta ambientale, formata da esperti e rappresentanti di università e associazioni incaricati di seguire passo passo lo sviluppo del progetto.
A 40 mesi di distanza, nulla di ciò è stato fatto. Anzi. Il progetto espositivo si è impoverito fino a diventare una gigantesca piastra lastricata tempestata di padiglioni: una grande fiera campionaria e nulla più. Per realizzarla si scaverà tantissimo e si riporterà nuova terra, per la gioia delle imprese che operano nel settore del movimento terra. E che dire delle infrastrutture di trasporto pubblico e delle compensazioni ambientali e forestali, che avrebbero dovuto realizzare la tanto sognata rete ecologica regionale che i parcheggi di Expo vorrebbero invece cancellare?
Ancora: cosa resterà a Milano dopo l'evento?
Stando all'accordo di programma sottoscritto un anno fa, l'area Expo potrebbe accogliere oltre due milioni di metri cubi di nuove edificazioni: una quantità di cemento tale da non lasciare nemmeno lo spazio verde necessario ai bisognini dei cani. Eppure con i referendum civici i milanesi, in larghissima maggioranza, hanno detto forte e chiaro che proprio lì c'è bisogno di un parco. Ed hanno ragione: tra i nuovi volumi del dopo Expo, quelli di Stephenson, Cascina Merlata e Città della Salute, in quel quadrante urbano la cosa che più servirà sarà un vero, grande parco urbano.
Molto, troppo tempo è passato infruttuosamente. Non è ancora troppo tardi per correggere la rotta: le associazioni ambientaliste si aspettano ancora molto.
E molto si può fare puntando su una maggior sobrietà, che sarebbe compresa da tutti visto il frangente economico, che dia spazio a reali alternative – pur nel rispetto dei noti vincoli del BIE – che riportino la sostenibilità dell'evento dal punto di vista dell’impatto sul territorio, anche decidendo un futuro dell'area maggiormente rispettoso della volontà espressa dai milanesi.
Cordiali saluti
Damiano Di Simine, presidente Legambiente Lombardia
Paola Brambilla, presidente WWF Lombardia
Nessun commento:
Posta un commento